Settimana di formazione sul pensiero critico
15 Gennaio 2021Assistente familiare livello EQF 3
21 Maggio 2021Da una recente indagine condotta su un rappresentativo campione di recruiter, è emerso che in Italia oltre il 70% dei selezionatori, una volta letto e valutato il CV, apre Google e digita il nome e il cognome del candidato.
Cosa cerca? Altre informazioni sul suo conto. Cosa trova? Dipende.
O meglio, trova quello che quel candidato sarà stato capace – o incapace – di comunicare, di sé stesso, sul web.
È il cosiddetto ego surfing, navigare nei meandri del web per trovare qualcosa che parli di noi.
E cosa succede se quello che c’è di noi sul web è negativo o poco professionale o – peggio ancora – è poco o comunque insufficiente?
Per tutelare e valorizzare la reputazione online ed evitare che il selezionatore cestini la candidatura prima ancora di capire chi ha davanti, dobbiamo lavorare sulla “web reputation” attraverso una presenza in rete basata su logiche di buonsenso e su una corretta applicazione del principio di personal branding.
Personal branding e CV: due lati della stessa strategia
Arrivati a questo punto, potresti chiederti quale sia la connessione tra logiche di marketing e ricerca di lavoro. E perché due aspetti apparentemente all’opposto, siano in realtà due lati della stessa strategia di ricerca lavoro.
Risposta: perché le logiche che utilizzi tu da semplice consumatore, sono le stesse di cui si serve il recruiter quando vuole trovare il prodotto/talento migliore sul mercato delle competenze.
– Occorre avere una presenza online basata su logiche di buonsenso
– Applicare correttamente i principi del personal branding
– Assicurarsi che ci sia coerenza tra l’“IO” del CV e quello digitale
In altre parole: fare personal branding vuol dire presentarsi nel modo migliore, promuovere correttamente la nostra professionalità, affinché le persone parlino bene di noi. Tanto offline quanto online. La nostra identità digitale, infatti, deve restituire un’immagine che ci valorizzi e che sia positiva, in base alle tracce che lasciamo sui social network, nelle community, sui forum, nei blog. Possiamo farlo attraverso azioni difensive e costruttive: le prime ci tutelano e ci proteggono da cattive impressioni o giudizi, le seconde invece ci vedono protagonisti attivi nella costruzione del nostro professional brand.
Il ruolo dei social network
Naturalmente anche i social network contribuiscono in maniera determinante alla creazione della nostra reputazione digitale.
Del resto, quei recruiter che si prendono la briga di venirci a cercare su Google, le prime informazioni che si riportano a casa sul nostro conto gliele offrono i nostri profili social.
Quando avviamo una ricerca attiva di lavoro dobbiamo in fondo sempre ricordare che gli occhi dei selezionatori possono posarsi su di noi da un momento all’altro.
Facciamo in modo di far sapere al recruiter solo le cose che vogliamo sappia.
I social network sono fondamentali per la tua reputazione digitale
Gestisci la privacy facendo attenzione a chi può sapere cosa su di te
Durante la fase di ricerca attiva del lavoro hai gli occhi dei recruiter addosso
Che fare, allora? Assicurarsi, intanto, di aver impostato correttamente la privacy sui nostri social così da essere sicuri di conoscere sempre chi sa cosa sul nostro conto.
Non è sbagliato, poi, creare delle liste ad hoc per amici, conoscenti e colleghi con i quali si intende condividere determinati contenuti e post goliardici.
In questa fase è inoltre rischioso parlare male del nostro attuale datore di lavoro, o cadere in provocazioni rispondendo in maniera sgarbata.
I social: da rischio a opportunità
Ok, sappiamo a cosa stai pensando in questo momento: tanto meglio chiuderli allora i miei social se ogni parola detta, se ogni gesto o perfino ogni like rischia di essere male interpretato e costarmi caro in termini di personal branding. Niente affatto!
I social network (e il web in generale) non sono rischiosi in sé, tutto dipende dall’uso che se ne fa. Quindi se stai pensando di chiudere i tuoi profili, ci sentiamo di dirti che sei sulla strada sbagliata.
Al contrario, cerca di sfruttare quanto più possibile l’opportunità che una buona presenza sui social ti offre.
– Resisti alla tentazione di chiudere i profili social “per precauzione”
– Trasformali in uno strumento di personal branding
– Crea contenuti interessanti, che qualifichino la tua identità digitale
– Non essere presente online è penalizzante
– Per questo solo il CV non basta: serve anche un buon personal branding
Sì, perché il web rappresenta anche un grande mezzo, gratuito, democratico e globale, per agire e mettere in evidenza i punti di forza e la nostra capacità di fare networking: fare rete attraverso i social, condividere contenuti, video, presentazioni legate al nostro lavoro, partecipare a gruppi di discussione professionali, creare un blog o un sito relativo alla nostra attività sono ottime iniziative per dare al nostro profilo quel quid in più e maggiore credibilità.
Non essere presenti online rappresenta oggi una strategia penalizzante, perché non ci permette di distinguerci e di farci notare. In un mercato competitivo come quello odierno, fare rete e compiere azioni di personal branding è una scelta non solo opportuna, ma sempre più decisiva nella ricerca di un lavoro.
È utile combinare un CV personale ben fatto, a una presenza web di qualità, in cui offriamo contenuti aggiuntivi rispetto a quelli del CV. Bisogna quindi esserci ed esserci nel modo giusto!
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